domenica 23 ottobre 2011

Indignati. Ma contro chi e per fare cosa? Il problema non è solo Berlusconi. In Italia ci vorrebbe una RIVOLUZIONE


 
Il 15 ottobre è la giornata di mobilitazione internazionale lanciata dal movimento spagnolo M15, i cosiddetti indignados. Siamo tutti indignati è vero, ma contro chi? Vogliamo tomar las calles, prenderci le strade, ma per fare cosa? Noi non siamo indignati soltanto con Berlusconi, ma con un sistema politico in cui l’opposizione critica il Governo impugnando contro di lui le relazioni delle agenzie di rating, gli ultimatum di Confindustria e le critiche del’Economist. Siamo indignati anche con quelli che si stracciano le vesti per il conflitto d’inte-resse, le intercettazioni, le escort e il giro della Padania, ma sostengono i bombardamenti in Libia e l’occupazione militare della Val di Susa e rispondono alla macelleria sociale di Tremonti e della BCE con la ‘coesione nazionale ‘ e il ‘senso di responsabilità’.

Il movimento M15 nasce in un paese il cui go-verno socialista aveva suscitato entusiasmi an-che da noi. Ci ricordiamo ‘W Zapatero’?  Dopo qualche mese arrivano gli indignati greci a oc-cupare piazza Syntagma, contro un governo di centrosinistra che massacra la gente che lavora per garantire il pagamento degli interessi a banche e speculatori. Oggi l’indignazione ir-rompe anche nella ‘nuova’ America di Obama: Occupy Wall Street (Occupare Wall Street) si chiamano. Ai primi di ottobre la polizia ne arre-sta 700, colpevoli di aver manifestato contro gli autori della più colossale truffa ordita ai danni dei lavoratori e dei risparmiatori americani e del mondo intero. Gli agenti li manda Obama, l’uomo che tre anni fa aveva ‘liberato’ il paese da G.W. Bush e mandato in visibilio i pro-gressisti di tutto il mondo e anche tanti lavo-ratori americani. In Italia ci sentiamo anche noi vicino alla ‘liberazione dal tiranno’, ma stiamo per fare la stessa fine degli spagnoli, dei greci e degli americani.
Il PD e Repubblica gongolano tutte le volte che Confindustria critica il Governo o che un’agenzia di rating emette un giudizio negativo sul debito italiano. ‘Il Governo è debole’ commen-tano. Ma debole per fare cosa? Per far pagare la crisi alla gente che lavora e affrontare la
conseguente reazione sociale – dice Standard & Poor’s – specificando che il nemico sono i lavoratori e il sindacato. Nel malcelato entusiasmo del centrosini-stra per le picconate del capitalismo in-ternazionale a Berlusconi c’è una riven-dicazione chiara: ‘Per colpire i lavoratori e tenere a freno il sindacato c’è bisogno di noi’. Il Presidente della Regione Liguria Burlando a proposito della lotta alla Fincantieri di Genova dichiara: ‘L’azienda e il Governo si prendano le loro respon-sabilità: è stato ritirato un piano che prevedeva la chiusura del cantiere di Se-stri. Ora ci dicano quali sono le alterna-tive. Io mi sono preso le mie respon-sabilità, come Presidente della Regione, quando ho dovuto chiudere degli ospedali’. Insomma: noi sappiamo chiudere gli ospedali, loro non sanno chiudere una fabbrica. Dunque non sappiamo se dopo Berlusconi avremo un governo tecnico, di unità nazionale o di centrosinistra. Ma ne conosciamo già il programma: riuscire dove Berlusconi sta fallendo, attuare sen-za tentennamenti il programma integrale della BCE, di Standard & Poor’s, di Con-findustria e della FIAT.
Oggi non basta indignarsi, bisogna an-che decidere cosa fare e organizzarsi di conseguenza.  Tirare la volata a un Oba-ma o a un Papandreou nostrano, spende-re le nostre energie per portarlo al Gover-no, creare attorno a lui la speranza che qualcosa possa cambiare e finire come negli USA, in Spagna, in Grecia? Neanche l’esperienza di Pisapia a Milano ci è servita? Non sono bastati l’aumento del biglietto degli autobus da un euro a uno e 50; la sostanziale conferma della politica della Moratti sulle aree dell’EXPO 2015, lo scandalo Penati? L’alternativa è – più realisticamente – cominciare a costruire un’opposizione sociale e politica, oggi al Governo Berlusconi e domani al governo che Napolitano, Draghi, Marcegaglia ci stanno apparecchiando. E’ come scegliere tra comprare un biglietto della lotteria Italia e fare un mutuo per comprare casa. La lotteria ti fa sognare, ma sai che tanto non vinci. Il mutuo non ti fa sognare, ma alla fine ti sei messo un tetto sulla testa.
In Italia è in atto una corsa ad accapar-rarsi il ‘marchio’ degli indignati tra intel-lettuali, politici, sindacalisti, leader ‘di movimento’, insomma al 90% quelli che – più o meno direttamente – hanno regala-to il paese a Berlusconi e gli hanno fatto fare quello che voleva per 17 anni. ‘Diffidare delle imitazioni’ si diceva una volta. Gli indignados nascono come un movimento popolare di critica all’esta-blishment politico ed economico. Da noi qualcuno cerca di appropriarsi di questa immagine per dare appeal al solito car-tello di fiancheggiatori, suggeritori, sti-molatori di Bersani. Ma è come appicci-care un’etichetta colorata su una scatola di cibo scaduto. Dopo un po’ la gente se ne accorge., ma è meglio dirlo prima, così si evita il mal di pancia a qualcuno.
Ci dicono che bisogna intervenire per-ché l’economia è in crisi e i conti pubblici vanno risanati. Ma non può essere chi ha causato l’epidemia a insegnarci come va debellata. Né si può curare la malattia con le stesse terapie che hanno contri-buito ad aggravarla e a diffonderla. Alla patrimoniale di Montezemolo e Profumo, alla Tobin Tax di Sarkozy e Merkel contrapponiamo tre punti di buon senso. 1. AUMENTARE I SALARI, perché se invece di diminuire la tasse in busta paga crescono le retribuzioni, allora le entrate dello Stato aumentano; se si vuole far ripartire l’economia bisogna rilanciare la domanda interna; se si vuole combattere l’evasione fiscale è necessario trasferire ricchezza dai profitti, che sono soggetti a evasione, ai salari, che non lo sono, per-ché vengono tassati alla fonte. 2. PRO-PRIETA’ PUBBLICA DELLE BAN-CHE E DEI SETTORI CHIAVE DELL’ECONOMIA, perché dando ai privati le attività redditizie e tenendosi quelle non redditizie i conti pubblici non migliorano. 3. BILANCI E GESTIONE DELLE AZIENDE SOTTO IL CON-TROLLO DI CHI LAVORA, perché così si colpiscono i veri sprechi, si previe-ne la corruzione e l’evasione fiscale (160 miliardi l’anno), si mettono le aziende sotto il controllo dell’unico soggetto che ha interesse a farle funzionare, a non chiuderle, a non delocalizzarle. 4. NON PAGARE I DEBITI AGLI SPECULA-TORI, MA INVESTIRE IN SCUOLA, SANITA’, PENSIONI. Queste misure migliorerebbero lo stato dei conti pubbli-ci e al contempo segnerebbero un passo avanti verso una società migliore, con meno sfruttamento e più giustizia sociale. A Puerta del Sol a maggio abbiamo visto un cartello con la scritta ‘errore di sistema’. In effetti il sistema operativo capitalistico, che fa girare la nostra società e la nostra economia, ha un baco che rischia in ogni momento di farlo esplodere. Non basta resettare il computer, va cambiato, appunto, il sistema operativo.

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