giovedì 13 ottobre 2011

Nazionalizzare il rame per garantire l’istruzione gratuita. Gli studenti rompono la pace sociale

di giuliano brunetti
Sono piu’ di quattro mesi che un grande movimento di studenti e lavoratori sta tenendo testa al governo di destra di Sebastian Piñera, nel più grande braccio di ferro tra il popolo cileno e i poteri forti dalla fine della dittatura di Pinochet.





Nonostante la brutale repressione, culminata nell’uccisione di Manuel Gutierrez, un giovanissimo studente colpito in pieno petto da una pallottola di grosso calibro sparata ad altezza d’uomo e nel ferimento spesso grave di centinaia di manifestanti, gli arresti di massa, le cariche dei carabineros, i gas lacrimogeni e gli idranti non hanno scalfito la rabbia e la combattività diffuse. La situazione è ormai incande-scente e le richieste della piazza vanno oltre le richieste dai partiti d’opposizione e dai vari leader del movimento. 

Le mobilitazioni studentesche sono partite come reazione all’annuncio del governo di voler procedere ad una riforma del sistema formativo, che ne rafforzerebbe il carattere privatistico. Verrebbe accentuato il ‘doppio binario’ tra formazione pro-fessionale e non, istituito un sistema di valutazione basato sulla  ‘produttività’ ovvero sul numero di iscritti. 
In un paese che fu uno dei primi laboratori delle politiche neoliberiste dei Chicago boys di Milton Friedman vige il perfetto modello di una scuola asservita alla logica del profitto. Alle richieste di un’istruzione ‘pubblica, di qualità e gratuita’, Piñera ha risposto, senza giri di parole, che l’istruzione è una ‘merce’ e come tale dev’essere pagata, aggiungendo che niente nella vita è gratuito. Già Pinochet aveva incoraggiato la proliferazione della scuola privata, tagliando la spesa per l’istruzione dall’8,9% degli anni di Allende a meno del 3% della spesa pubblica. L’università è già di fatto pri-vata: per  ogni 100 euro spesi per l’istruzione universitaria, 84 euro sono a carico delle famiglie. Per poter andare all’università i figli di lavoratori e della classe media devono stipulare prestiti per 25 anni, a tassi di interesse del 6-7% e al momento della laurea hanno un debito me-dio di 45mila dollari!
Una delle richieste centrali del movi-mento è l'istruzione gratuita, per cui è stato respinto senza esitazioni la proposta del governo di ridurre i tassi di interesse sui prestiti agli studenti se gli studenti avessero sospeso la protesta. Inoltre è riuscito a guadagnarsi un ampio consenso sociale proponendo la nazionalizzazione del rame sotto il controllo e la gestione democratica dei lavoratori, una misura vista come il mezzo per finanziare l’edu-cazione pubblica e utilizzata per promuovere la solidarietà tra studenti e lavoratori. Il risultato è che l'80% della popolazione sostiene le rivendicazioni dei gio-vani,  la cui mobilitazione sta facendo sal-tare il coperchio della pace sociale e aprendo una fase di duro scontro sociale. Il governo di Piñera si difende rivendi-cando come un 'successo' il fatto che l’economia cilena, trainata dall’aumento del prezzo delle materie prime e dalle espor-tazioni del rame (il Cile copre il 36% del fabbisogno mondiale), nel 2011 crescerà del 6-7%.
La crescita economica però sta arric-chendo una minuscola élite, che trae dalla propria ricchezza la fiducia per continua-re ad attaccare frontalmente i diritti e gli standard di vita della gente comune. Lo stesso Piñera è l'uomo più ricco del Cile, un rappresentante diretto e fedele della classe dominante. I sondaggi confermano che il Governo è nella percezione comune un governo degli imprenditori e dei manager. Il 20% dei cileni vive con meno di 92 euro al mese. Eppure non si tratta di un paese in crisi. Piñera, dopo lo sciopero generale del 24-25 agosto, il primo sciopero di 48 ore dalla la caduta della ditta-tura, ha accusato i sindacati di mettere in pericolo la crescita economica. I profes-sori e i minatori sono stati tra i primi a scendere in piazza insieme agli studenti. Nel nord del paese i minatori hanno scioperato con gli studenti chiedendo di ‘nazionalizzare il rame per finanziare l’e-ducazione gratuita’. In generale gli slogan delle manifestazioni studentesche sono andati al di là della questione dell’educazione e rivendicando una nuova costituzione (al posto dell’attuale, ereditata da Pinochet) e più democrazia, hanno aspre-so chiaramente una volontà di rottura col sistema politico. I lavoratori si rendono conto che molte cose sono rimaste come ai tempi di Pinochet, che la dittatura del capitale continua e ancora una volta solo la lotta di massa può portare a veri cambiamenti.
La rottura della pace sociale, in un paese che fino a pochi mesi fa era ancora considerato un modello di ‘democrazia del libero mercato’ in America latina, potrà avere delle conseguenze nel subcontinen-te e nel resto del mondo. La capacità degli studenti e dei lavoratori cileni di spezzare la resistenza della classe dominante dipenderà anche dallo loro capacità  di con-trastare l’azione di ‘contenimento’ svolta dalla direzione sindacale del CUT. Le as-semblee territoriali, sorte dal movimento in alcune zone potrebbero servire come strumento per scavalcare la burocrazia conservatrice del CUT e per costruire dal basso un grande sciopero generale e so-stenere la base del sindacato contro le direzioni sindacali moderate e trasformare i sindacati in veri strumenti di lotta e mobilitazione. La rivendicazione stu-dentesca ‘nazionalizzare il rame per otte-nere un'istruzione gratuita’ può essere un primo passo avanti nella lotta che miri a costruire una società capace di soddisfare i bisogni delle masse cilene e latinoamericane.

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