martedì 22 novembre 2011

Anche in Grecia il capo del Governo Papandreou costretto a dimettersi. Un governo di 'unità nazionale' ovvero un altro governo di tagli.


di Andreas Payiatsos, Xekinima (CWI Grecia) e Niall Mulholland, CWI

Il primo ministro greco George Papandreou è stato costretto a lasciare il proprio incarico nelle scorse settimane, il governo del PASOK è stato sostituito con un governo di unità nazionale. Questa nuova coalizione composta dal PASOK e da Nuova Democrazia concorderà un pacchetto di ‘salvataggio’ di nuovi tagli che continueranno a spingere milioni di Greci nella povertà. Papandreou è stato costretto a dimettersi dopo alcuni giorni molto confusi in seguito alla decisione di tenere un referendum sul piano di ‘salvataggio’ dell’Unione Europea per la crisi del debito greco. Il nuovo primo ministro è Papademos Lukas, ex vice presidente della Banca Centrale Europea. Il nuovo governo di coalizione dovrebbe dimettersi per il prossimo febbraio quando si terranno le elezioni. L'accordo concordato il mese scorso con BCE, UE ed FMI, prevede un nuovo prestito al governo Greco di 130 miliardi di euro, con un 50% di rinegoziazione per i detentori privati ​​del debito, e l’imposizione di misure di austerità.

L'economia si contrae del 15%

Le Politiche della troika hanno già ridotto l'economia greca di un incredibile 15%, negli ultimi 3 anni. Il governo del PASOK ha approvato una serie di leggi che spingono i due terzi della popolazione greca nella povertà. Gli stipendi dei lavoratori del settore pubblico sono stati ridotti del 50% (rispetto agli inizi del 2010) e il salario minimo ‘legale’ scenderà al di sotto dei 500 euro al mese. Più del 40% dei giovani sono disoccupati. La
troika esige il licenziamento di 250mila lavoratori nel settore pubblico, più di un terzo della forza lavoro del settore. I posti letto negli ospedali sono stati ridotti del 30% e un’ulteriore riduzione del 20% è in cantiere. Le nuove imposte, legate ai tagli dei salari, significano la perdita di centinaia di euro, ogni mese, per molti lavoratori e per le loro famiglie. I bambini vanno a scuola lamentandosi per la fame, spesso svengono in classe. Anche negli 'strati intermedi' un tempo relativamente benestanti dominano le privazioni. La proposta di referendum fatta dal governo dimissionario di Papandreou è nata come reazione alla resistenza schiacciante della popolazione greca alle politiche di tagli. Papandreou aveva capito che il suo il governo era in pericolo. Il 19 ottobre la Grecia ha vissuto il più grande sciopero generale di 48 ore e la più grande manifestazione sindacale dal dopoguerra ad oggi. Il 28 ottobre, una giornata di "orgoglio nazionale" nella quale si sfila per commemorare l'occupazione della Grecia durante la seconda guerra mondiale, si é trasformata in un importante giornata di lotta con manifestazioni antigovernative.

Il referendum proposto da Papandreou è stato un tentativo di mettere i Greci sotto ricatto: "O votate il piano di salvataggio del 26 ottobre oppure la Grecia farà bancarotta, lascerà l’Eurozona e faremo la fame". La proposta di Papandreou è stata subito criticata aspramente da parte di molti leader dell'UE, in particolare da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, che hanno attaccato il referendum preoccupati che la crisi greca possa contagiare altre economie dell'Unione Europea, prima di tutto l’Italia. Con un nuovo ricatto il Cancelliere tedesco Merkel e il presidente francese Sarkozy hanno chiesto che il referendum vertesse sulla partecipazione della Grecia all’Unione Europea. L’ultima
tranche di aiuti alla Grecia – 8 miliardi di euro – è stata messa in forse per mettere sotto pressione Papandreou. Ci sono state profonde divisioni all'interno del PASOK sulla proposta del referendum. 

Il ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos e altre figure chiave del governo si sono pubblicamente opposti a questa proposta. Alcuni esponenti del governo hanno chiesto a Papandreu di dimettersi a favore di un governo di 'unità nazionale'. Dopo queste ferite mortali, Papandreou ha ottenuto la fiducia in parlamento il 4 novembre a condizione di presentare le sue dimissioni e di lavorare per la costituzione di un governo di coalizione guidato da un premier non eletto. Papandreou ha rassegnato le dimissioni il 5 novembre. Questa è un’indicazione della crisi gravissima che colpisce l’establishment politico greco e le sue istituzioni. Domenica sera, il PASOK e la Nuova Democrazia hanno accettato di partecipare ad un governo di coalizione, guidato da un terza ‘personalità’. Il governo dovrebbe durare qualche mese e per poi organizzare nuove elezioni. Il governo di coalizione sarà composto dai due principali partiti filo-capitalisti e da due partiti più piccoli, il primo di estrema destra, e l’altro il partito populista LAOS.

Un'implacabile propaganda

I lavoratori greci e la classe media sono stati sottoposti a loro volta ad un'implacabile pressione propagandistica da parte dell'UE, dei dirigenti greci e dei media sulla questione del referendum. È stato loro detto che, se non accetteranno ulteriori tagli, la Grecia sarà costretta ad uscire dalla zona euro e dall'UE e che subirà un abbassamento ancora più grande dei suoi standard di vita. I principali partiti della Sinistra, il KKE (Partito Comunista Greco) e Syriza (le federazione della sinistra greca) non hanno offerto un'alternativa credibile a questo feroce assalto propagandistico al servizio dei mercati. Tutto ciò ha avuto un impatto sulla percezione del futuro del popolo greco. I sondaggi hanno mostrato che una larga maggioranza dei Greci era contro il referendum. L'umore è cambiato dopo la massiccia propaganda della classe dirigente e dei suoi media. Una larga maggioranza, superiore ai due terzi, si è dichiarata favorevole a rimanere nella zona euro, e non più del 15% ha affermato di preferire l'uscita.

I risultati di questi sondaggi sono un’espressione della disperazione generale, una ‘speranza contro la speranza’ che una nuova coalizione di governo possa in qualche modo trovare una via d'uscita alla profonda crisi economica della Grecia. In verità la maggioranza dei lavoratori non vede la fine di questa crisi né dei tagli e qualsiasi illusione che una parte della popolazione possa avere nella nuova coalizione sarà probabilmente spazzata via subito. I recenti sondaggi mostrano che il 90% della popolazione greca è contro i tagli imposti dal governo del PASOK ( una politica che sarà mantenuta dal governo di ‘unità nazionale’). Da quando la crisi è cominciata, nel 2008/2009, i lavoratori greci hanno mostrato molte volte la loro volontà di battersi contro i tagli per un'alternativa al sistema soverchiato dalla crisi. Ci sono stati tredici scioperi generali (due dei quali di 48 ore) in meno di due anni, ci sono state manifestazioni studentesche, sit in e occupazioni di edifici pubblici e scuole, nonché campagne di massa per il non-pagamento di tasse ingiuste. Manifestazioni sindacali e proteste di massa sono culminate nel poderoso sciopero generale di 48 ore del 19 ottobre. Quel giorno, tra le 500 e le 800mila persone si sono riversate nelle strade di Atene dando vita alla più grande dimostrazione sindacale in Grecia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma i leader moderati delle burocrazie sindacali non hanno utilizzato l'enorme potere della classe lavoratrice organizzata per rafforzare la resistenza di massa e per liquidare il governo del PASOK. Negli ultimi 18 mesi i dirigenti sindacali hanno organizzato azioni solamente perché pressati dalle loro basi, non hanno mostrato di avere alcun piano o strategia per vincere, per non parlare di un programma politico alternativo.

Le occupazioni e la mobilitazione sindacale

Dopo il 19 ottobre, le occupazioni e gli scioperi di categoria hanno subito una battuta d'arresto. Ma questo non significa la fine di una mobilitazione di massa nell'industria. Si tratta soltanto di una pausa temporanea dopo mesi frenetici, segnati da scioperi e altre azioni di massa. I giovani e i lavoratori potrebbero guardare ora ad altre forme di resistenza. Potrebbero rinascere le campagne per il non-pagamento delle tasse sui nuclei familiari, la stessa cosa potrebbe accadere per le proteste di massa sui temi ambientali. La nuova ondata di tagli promessa dalla ‘coalizione dell'austerità’ significa che la lotta di classe è inevitabile. Alcuni sindacati, che coinvolgono i dipendenti pubblici, gli insegnanti della scuola primaria, i ferrovieri e gli operatori delle telecomunicazioni, hanno lottato con maggiore determinazione, recidendo i loro rapporti col PASOK. Una sezione del movimento sindacale sta muovendo in una direzione più radicale e combattiva. Ma anche se questi sindacati si stanno separando dal PASOK, i loro leader non stanno fornendo agli iscritti un piano d'azione chiaro e politicamente avanzato. Xekinima si appella ai settori del mondo del lavoro che si riconoscono in questi sindacati, perché rompano del tutto con il PASOK e aiutino a costruire un nuovo partito dei lavoratori, basato su rivendicazioni socialiste avanzate.

Xekinima si oppone anche al nuovo governo di ‘unità nazionale’ del PASOK e di Nuova Democrazia. Si trata di una coalizione che imporrà ancora più tagli e povertà. Le politiche che saranno perseguite dalla nuova coalizione di governo saranno le stesse che sono state applicate fino ad ora. Il nuovo governo obbedirà alle direttive di Merkel e Sarkozy, fino all'ultima virgola. Non c'è nulla di positivo in questo governo, con la sola eccezione che, per così dire, Nuova Democrazia si esporrà alla coscienza di tutti i Greci come corresponsabile delle politiche di austerità. Fino ad ora il suo leader, Samaras, ha adottato cinicamente una posizione populista, criticando le politiche governative e biasimando il PASOK per non aver fatto alcuna resistenza alle direttive dell'UE.

Uno spazio politico per la Sinistra

Le illusioni di alcuni settori della popolazione, secondo cui le cose andranno ‘un po' meglio’ con la coalizione di ‘unità nazionale’ non dureranno a lungo. Nella situazione politica che si aprirà, i partiti della Sinistra avranno un'opportunità unica e storica di crescere e giocare un ruolo decisivo. Ma per portare avanti il genere di cambiamenti fondamentali che sono necessari per fornire soluzioni reali e durature ai gravi problemi affrontati dai lavoratori greci e dalla società nel suo insieme, la Sinistra dovrà adottare un programma socialista e battersi con decisione per un cambio di sistema. Fino ad ora, i principali partiti tradizionali della Sinistra greca il KKE e Synaspismos hanno rifiutato di muoversi in questa direzione. La necessità di costruire e sviluppare i movimenti di massa, e di dar vita a nuove forze di Sinistra con prospettive radicali e socialiste, si impone oggi in modo più chiaro che mai.

Xekinima sostiene una prospettiva politica e un programma di carattere anticapitalista, rivendica il non pagamento del debito, chiede un governo che rappresenti i lavoratori, le classi medie impoverite, i poveri e i giovani. Un governo dei lavoratori significherebbe lavoro, affitti sostenibili, fondi adeguati per l'educazione e la sanità. Porterebbe sotto il controllo e la gestione pubblica e democratica i capisaldi dell'economia, a vantaggio della maggioranza e non di un'élite privilegiata. Xekinima rifiuta la tesi secondo cui i Greci devono sopportare l’azzeramento dei propri standard di vita allo scopo di restare nell'Eurozona e si oppone inoltre alle illusioni portate avanti da alcuni settori della Sinistra greca basate sulla cosiddetta ‘politica monetaria sovrana e progressiva’. Non ci sono soluzioni su base capitalisticaa e nazionale. Xekinima propone un genuino internazionalismo, una prospettiva di lotta comune, insieme agli altri lavoratori europei, una prospettiva che punti a un’Europa alternativa a quella dei grandi capitali, dei banchieri e del FMI, un'Europa socialista!

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