giovedì 1 dicembre 2011

Tunisia. Il partito islamista vince le elezioni Ma le contraddizioni della società possono riesplodere


di Giuliano Brunetti

Il 23 ottobre si sono svolte in Tunisia le elezioni per l’Assemblea Costituente. La nuova Assemblea ha il compito di riscrivere la costituzione, scegliere un nuovo governo provvisorio e di fissare le date per le elezioni parlamentari e presidenziali.
Dopo decenni di dittatura e di elezioni farsa, queste elezioni hanno rappresentato per molti tunisini la prima occasione nella loro vita di esprimere un voto senza già conoscere il risultato falsificato in anticipo dal regime. L’enorme affluenza al voto va letta come il tentativo consapevole di importanti settori popolari della società  fortemente politicizzati dalla rivoluzione di esercitare un diritto che non avevano mai avuto, per poter decidere finalmente sul loro futuro senza che siano le élites a scegliere per tutti.

Le elezioni sono state vinte con il 40% dei voti dal partito islamista Ennahda, che diventa di gran lunga il primo partito del paese, forza dominante in quasi ogni regione e conquista 90 seggi su 217 alla Costituente. A prima vista questo risultato può apparire sorprendente, dato il ruolo del tutto marginale che questa  organizzazione - a malapena visibile durante le proteste - ha giocato durante il processo rivoluzionario. Ennahada tuttavia ha beneficiato della mancanza di una valida alternativa. L’assenza a sinistra di una visione strategica, di un chiaro programma per lo sviluppo della rivoluzione ha regalato l'opportunità a Ennahda di vincere le elezioni. La sinistra radicale, coi suoi programmi del tutto inadeguati, non é riuscita ad intercettare le aspirazione delle masse. Questa povertà programmatica l’ha privata
​​di una vera base tra i poveri, che invece gli islamisti sono stati in grado di conquistare.

Facendo affidamento su una rete di organizzazioni attive nei quartieri più poveri delle città e sugli enormi finanziamenti arrivati dalle dalle monarchie del Golfo, Ennahda è riuscita a costruire una campagna elettorale vincente, giocando sulle frustrazioni della gente, su una retorica sociale di stampo populista, ad esempio la promessa di creazione di 590mila posti di lavoro in cinque anni. Ennahda é riuscita a fare leva sui sentimenti religiosi della gente comune, in passato repressa nelle sue manifestazioni di ‘eccessiva religiosità’. Sotto il regime Ben Ali infatti si correva il rischio di apparire sospetti agli occhi della sicurezza di Stato o addirittura di venire arrestati anche solo per aver pregato in una moschea e alle donne era proibito indossare il velo nelle università e negli uffici della pubblica amministrazione. La gente comune ricorda bene che dopo la presa del potere, Ben Ali, sfruttò la minaccia dell’islamismo radicale per attuare un pesante giro di vite sugli spazi di libertà esistenti, rafforzando a poco a poco il carattere repressivo della sua dittatura. Per ragioni storiche la laicità viene quindi spesso percepita da molti musulmani tunisini come la negazione dei diritti fondamentali. Perciò i partiti che hanno concentrato la loro campagna elettorale sull’opposizione agli ‘oscurantisti islamici’, come il Polo Democratico Modernista hanno raccolto pochissimi consensi negli strati più poveri della classe operaia. Ma il PDM é stato anche severamente punito per la sua aperta collaborazione con il primo governo di transizione del post Ben Ali, chiaramente dominato da elementi  controrivoluzionari e da ex esponenti della dittatura.

Aldilà della sua retorica sociale e del suo radicamento tra le masse popolari è chiaro che la direzione di Ennahda è fondamentalmente una direzione favorevole all’economia di mercato. Abdelhamid Jlassi, direttore del Comitato esecutivo del Partito ha dichiarato: ‘Speriamo di tornare rapidamente alla stabilità e alle condizioni favorevoli per gli investimenti’. Rached Ghannouchi, il principale dirigente di Ennahda, si riferisce costantemente al movimento 'Giustizia e Sviluppo' , il partito di governo del premier Turco Tayyip Erdogan, descrivendolo come un modello di partito di centrodestra ‘di matrice religiosa’. Importanti settori della società, gli studenti ma anche e sopratutto molti lavoratori e specialmente le donne, temono che la vittoria di Ennadha possa tradursi nel tentativo di attaccare i diritti civili e di imporre l’islamizzazione della società attraverso leggi regressive sul matrimonio, sul divorzio, sulla poligamia, l'alcool, il velo ecc.. Questo paura non é del tutto infondata, perché l'ala più intransigente del partito, galvanizzata dalla vittoria elettorale, potrebbe cercare di imporre un programma più radicale.

Quel che è certo è che l’incapacità della sinistra di prendere l'iniziativa e di offrire un programma alternativo per la classe operaia e le masse povere favorirà uno spostamento a destra di Ennadha. Gli islamisti ora tenteranno di utilizzare il successo elettorale per chiudere bruscamente il capitolo rivoluzionario, per riportare la politica dentro lele istituzioni, per spegnere l’energia creativa delle masse e riportare al centro la casta dei politicanti di professione. Ma, aldilà della loro volontà, la speranza di una transizione rapida e indolore verso una società ‘democratica’ é del tutto infondata. La società tunisina deve affrontare una crisi molto profonda e rimane segnata da profonde contraddizioni sociali. Il tasso di disoccupazione dall'inizio dell'anno è passato ufficialmente dal 14% al 19%. Ma questa è solo la punta di un iceberg. Nelle regioni più pover la disoccupazione supera spesso il 40%. All'inizio di settembre cinque uomini che non erano riusciti per anni a trovare lavoro, hanno tentato di impiccarsi in una piazza a Kasserine, nella parte centrooccidentale del paese. La drammatica mancanza di posti di lavoro potrebbe trasformarsi in una bomba ad orologeria. Una vecchia signora, a cui la TV aveva chiesto un commento mentre era in coda a un seggio elettorale, ha detto: ‘Posso davvero dire quello che voglio? Se quelle persone lì non troveranno lavoro ai nostri figli, vi giuro che prenderemo le armi e li cacceremo via!’ L'instabilità sociale ed economica rischia di portare ad una situazione politica imprevedibile, una situazione dominata dalla crisi e dall’incertezza, dato che lo spirito rivoluzionario di cambiamento tra le masse non è stato del tutto soffocato, e messo a tacere.

In realtà il processo rivoluzionario in Tunisia è lungi dall'essere terminato. Nessuna delle contraddizioni che hanno portato alla caduta del regime è stata risolta. La gente comune, i poveri i disoccupati si scontreranno inevitabilmente con chi ha tradito la rivoluzione, con chi oggi tenta disperatamente di farla deragliare verso il parlamentarismo, verso le istituzioni più sicure per tenere a bada le aspirazioni delle masse. Nuovi focolai di lotta sono inevitabili. La partita non é ancora chiusa. Per questo motivo il futuro delle masse popolari tunisine non sarà determinato dalle scelte dell’assemblea costituente, di questo o quel partito o dalle decisioni di un futuro governo. La possibilità di costruire un futuro migliore sarà determinata dai rapporti di forza che le masse popolari riusciranno a costruire prima di tutto nei luoghi di lavoro, nelle piazze, nei quartieri popolari e nelle lotte politiche e sindacali contro i vecchi e nuovi poteri forti della società e contro le loro espressioni partitiche.



Nessun commento:

Posta un commento