mercoledì 9 dicembre 2009

Per un rilancio del movimento studentesco

A un anno dall’esplosione dell’Onda, 100 mila studenti sono tornati in piazza il 9 ottobre scorso. Questa volta non c’è nessuno nuovo attacco ma l’applicazione della riforma Tremonti – Gelmini, cioè più di 8 miliardi di tagli all’istruzione pubblica.

Questo significa una riduzione del personale docente e ATA (personale tecnico amministrativo, cioè segretarie, addetti alla manutenzione, bidelli, consiglieri pedagogici…), un aumento del numero di alunni per classe, la riduzione di ore di laboratori, strutture scolastiche sempre più allo sbando, soppressione delle gite e così via…
Oggi gli studenti stanno prendendo coscienza nella pratica, giorno dopo giorno dell’impatto reale di questi tagli sulle loro condizioni di vita. Di conseguenza tornano in lotta arricchiti dal l’esperienza dell’Onda.

Lezioni dall’Onda

L’anno scorso, l’Italia è stata scossa dal più grande movimento studentesco degli ultimi 20 anni. Centinaia di migliaia di studenti sono scesi in piazza, hanno occupato scuole e università in opposizione alla riforma dell’istruzione pubblica che tende sempre di più a trasformarsi in merce da cui trarre profitto. In certi casi, il movimento dell’onda ha saputo sviluppare una critica più generale del sistema capitalista che non soddisfa i bisogni e le esigenze della maggioranza della popolazione.
Ma nonostante la dimensione del movimento, il suo radicalismo non ha portato a nessuna vittoria. In realtà il movimento non ha subito neanche nessuna sconfitta, si è soffocato da solo.

Per essere vittorioso il movimento dell’Onda avrebbe dovuto dotarsi di strutture democratiche e creare forti legami con i lavoratori che sono anche loro sotto attacco. Purtroppo, la mancanza di democrazia all’interno del movimento voluta dai leader autoproclamati ha fatto si che piano piano le assemblee e i cortei sono stati sempre più autoreferenziali e disconnessi dalla realtà della maggioranza dei studenti. Il rifiuto di eleggere delegati dalle varie assemblee revocabili ad ogni momento, di costruire un vero e proprio coordinamento capace di dare un chiaro orientamento e delle chiare prospettive al movimento, di prendere le decisioni collettivamente sottoponendole ad un voto in assemblea per precisare le azioni e le idee, ha contribuito al fallimento del movimento. Il 9 ottobre ha dato un primo segnale del fatto che una fascia di studenti stanno tirando alcune conclusioni sugli errori dell’Onda, con la partecipazione alle manifestazioni della Fiom-Cgil (contro il nuovo contratto nazionale di categoria) con una determinazione chiara ad unire le lotte. Ma non basta la sola partecipazione, bisogna anche organizzare queste manifestazioni e scendere in piazza con rivendicazioni chiare, essere pronti a spiegare ad altri studenti o lavoratori questa
necessità di unire le forze. L’unione tra studenti e lavoratori è vitale per arrivare ad una vittoria perché solo i lavoratori, bloccando il loro lavoro, possono danneggiare i profitti e scuotere di conseguenza i governi.
Se l’Onda non ha ottenuto una vittoria, lascia comunque un segno nell’esperienza di migliaia di giovani che per la prima volta sono entrati in lotta, e che se non hanno avuto fino ad oggi l’esperienza di una vittoria, hanno almeno capito che lottare è possibile e che “l’apoliticismo” può essere dannoso come al corteo romano con l’attacco dei neo-fascisti.

Al riguardo di altre lotte come quella dell’Innse hanno anche avuto la possibilità di trarre la conclusione che una lotta dura, democratica e solidale può vincere. Siamo centinaia di migliaia di studenti e lavoratori pronti a lottare, la manifestazione contro il pacchetto di sicurezza del 17 ottobre lo dimostra nuovamente, adesso ci tocca chiarire le nostre idee e i metodi che ci possono portare ad una vittoria schiacciante.


Organizziamoci!

Oggi non possiamo prevedere con certezza l’ampiezza di un nuovo movimento studentesco. Ma questa volta per rilanciarlo e assicurarsi che segni punti in campo, gli studenti dovrebbero cominciare a creare comitati all’interno delle proprie scuole coinvolgendo il maggior numero di studenti e professori per stabilire le rivendicazioni, organizzare azioni concrete ed intensificare la mobilitazione. Dovrebbero, in un secondo tempo, allargare questi comitati e creare un coordinamento su scala cittadina, regionale e poi nazionale, legando stretti contatti con i precari della scuola e il mondo del lavoro in generale per poter dare delle prospettive politiche chiare al movimento.
Gli attachi di questo governo mirano ad una privatizzazione della scuola e dell’universita’. Sotto il sistema capitalista la logica neo-liberista del mercato e della caccia ai profitti pervade ogni aspetto della nostra vitta. Percio’, solo la lotta per un sistema economico alternativo puo’ garantire un’educazione gratuita, democratica e di qualita’ per tutti.

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