lunedì 14 giugno 2010

Gioventù di crisi e precariato

Il fenomeno della disoccupazione nel nostro paese (e non solo) è in stretta correlazione con la crisi economica e l’accrescimento dei suoi effetti nella vita reale dei giovani e dei lavoratori.
di Elia Labalestra


In un anno, ovvero da aprile 2009 allo stesso mese del 2010, il numero di occupati in Italia è diminuito di 307 mila effettivi. Il fenomeno può spiegarsi alla luce dei molti licenziamenti che hanno interessato, interessano ed interesseranno il nostro paese che attraversa, come l’insieme dell’economia mondiale. Questa durissima recessione è dovuta (ricordiamolo) alle colossali speculazioni su mutui e crediti dei lavoratori che hanno arricchito mostruosamente (non che il fenomeno sia cessato) un manipolo di individui dediti al gioco d’azzardo sulle grandi piazze borsiste del mondo.

Secondo le stime ufficiali, sono  quasi 900mila i posti di lavoro a rischio solo nel settore industriale per il biennio 2010-2011.
Quello della Telecom Italia è un esempio particolarmente chiaro delle conseguenze della “razionalizzazione” dell’economia auspicata e posta in essere dalla classe dirigente per rispondere alla crisi da essa generata. Secondo il suo nuovo piano industruale, l’ azienda, prevede un intervento di riduzione degli effettivi (licenziamento) di 4000 “unità”, oltre alla già prevista riduzione di 5000 lavoratori entro il 2010.

Altro esempio calzante è quello della Fiat di Torino: le tre linee di produzione che oggi sfornano Idea, Musa, Punto, Multipla e Mito, diventeranno una sola, che produrrà solo la Mito ed una monovolume, attualmente allo stato di progetto. Naturalmente, questi cambiamenti costeranno il posto di lavoro ad almeno metà dei 5000 operai che oggi lavorano lì e negli altri stabilimenti di produzione come Termini Imerese minacciati  anche lì di tagli e riduzioni di personale.

Sono questi, esempi di come le misure adottate dalla classe dominante costituita da imprenditori, magnati ed esponenti del mondo della politica per tener testa alla crisi vadano a cozzare con gli interessi diretti dei lavoratori, nient’affatto responsabili della crisi.
 L’Istat (Istituto nazionale di statistica) sottolinea che ad aprile 2010 il numero di occupati è pari a 22 milioni 831 mila “unità”, questo dato sarebbe  inferiore dell'1,3% rispetto ad aprile 2009.
Il tasso di occupazione è quindi pari al 56,9%, inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell'anno precedente. Particolarmente preoccupante é il dato che riguarda i giovani.

Il fenomeno della “Gioventu’ Bruciata”

 Il tasso di disoccupazione nella popolazione tra 18 e 24 anni è pari al 29,5% della popolazione, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto a marzo e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Sono dati, questi, da cui si puo facilmente notare una sostanziale riduzione nel numero di giovani effettivamente impiegati nell’arco di un solo anno. Mentre netta appare l’influenza della crisi sulla possibilita dei giovani di trovare un impiego e potersi costruire un futuro in questa società.

La forza lavoro giovanile, flessibile nel suo impiego sotto numerosissime forme contrattuali precarie, é stata abbondantemente sfruttata per porre al ribasso l’intero mondo salariale ed al tempo stesso per assicurare una mano d’opera flessibile a basso costo.

Il lavoro a termine, il contratto part-time (orizzontale, verticale e flessibile), lavoro a progetto, contratti a chiamata (job-on-call) e contratti di lavoro condiviso (job-sharing) ed infine contratti di lavoro occasionali  rappresentano tutti  “escamotage” d’impiego soprattutto per i giovani, non certo a loro vantaggio bensi a vantaggio delle imprese, e  dei datori di lavoro.
Basti pensare che la nuova occupazione è caratterizzata per il 70% circa da queste figure contrattuali atipiche e precarie, tutte ammesse e previste dalla nota legge 30/2003 , la legge Biagi mantenuta dal così detto governo di “sinistra” di Prodi, Mastella e Bertinotti.
Le aziende prediligono e favoriscono il precariato per il semplice motivo che i lavoratori precari non sindacalizzati sono maggiormente ricattabili da un patronato arrogante che continua a ceracre il massimo profitto a scapito delle condizioni di vita di milioni di lavoratori precari (giovani e meno giovani).

La lotta come unica risposta.

Nello scenario di questa situazione di crisi, lungi dall’attenuarsi, i partiti tradizionali di “sinistra” non rappresentano nessuna alternativa credibile per i lavoratori e i giovani. Per questo motivo siamo convinti  che l’unica soluzione per difendere gli interessi collettivi di giovani e lavoratori sia una lotta di massa, democraticamente organizzata dai diretti interessati  ed estesa a tutti i settori della produzione sociale. Una lotta in grado di creare quel rapporto di forze necessario per costringere gli autori di questa crisi a pagarla e difendere i diritti democratici e le conquiste sociali della classe lavoratrice.
Per questo crediamo che le seguenti rivendicazioni possano rappresentare una buona base per la costruzione di un ampio e radicale movimento volto ad ottenere le necessarie, future vittorie sociali.

  • Per un sindacalismo democratico e di lotta
  • Per il blocco totale dei licenziamenti
  • Per un reddito minimo garantito
  • Per delle condizioni dignitose di lavoro
  • 35 ore settimanali di lavoro per tutti, a parità di salario.
  • Per la regolarizzazione di tutti i precari e per l’abolizione di tutti i contratti atipici.
  • Per la solidarietà internazionale nella lotta dei giovani e lavoratori.

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