domenica 15 aprile 2012

Zhang-Shujie, 24 anni, attivista del CWI, arrestato, costretto a fuggire in Svezia Cina.

di Christine Thomas



La crescita spettacolare dell’economia cinese negli ultimi anni ha messo in om-bra la brutale repressione statale. Abbagliati dalle prospettive commerciali e da profitti garantiti, governi e multinazionali hanno preferito chiudere un occhio sulla violazione sistematica dei diritti umani. La storia di un giovane attivista di sinistra che raccontiamo testimonia invece che sta avendo luogo un’intensificazione della repressione politica in Cina. Zhang Shujie, 24 anni, è un attivista del CWI e corrispondente del sito web china-worker.info. Nel febbraio del 2011 Zhang è stato arrestato e messo in carcere dalle forze di sicurezza cinesi. Maltrattato per 28 ore, costretto a rimanere in piedi per ore senza cibo e privato dei suoi occhiali, alla fine gli hanno chiesto se volesse diventare una spia del regime. Zhang avrebbe dovuto raccogliere informazioni sui suoi compagni del CWI e su altri attivisti politici di sinistra, fra cui ‘Long Hair’ (Leung Kwok-hung), deputato socialista del LSD-League of Social Democrats, oggi anche lui in carcere per due mesi per ‘proteste’ a Hong Kong. Rifiutare avrebbe significato almeno 10 anni in galera per ‘contatti con un’organizzazione proibita’ e ‘crimini contro la sicurezza nazionale’. Per evitare tale sorte Zhang si è detto pronto a fare la spia, pur non avendo alcuna intenzione di realizzare questo sporco compito.


Lo Stato gli ha pagato il viaggio per partecipare a una riunione politica a Hong Kong dove avrebbe dovuto cominciare a raccogliere le informazioni che il regime gli aveva chiesto di acquisire. Zhang, invece, ha contattato di nascosto i compagni della sua organizzazione e con il loro aiuto e quello dello stesso Long Hair, del deputato irlandese Joe Higgins e del parlamentare europeo Paul Murphy, entrambi esponenti del CWI, è riuscito a fuggire da Hong Kong in Svezia, dove attualmente è in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico. La storia di Zhang non rappresenta una eccezione. Il 2011 infatti ha visto un sensibile aumento della repressione da parte dello Stato cinese: 1,3 milioni di siti web sono stati chiusi; il budget per la sicurezza interna ha superato per la prima volta la spesa militare; dissidenti e critici del regime vengono perseguiti, torturati e incarcerati; centinaia di autori, avvocati e attivisti sono spariti, spesso senza lasciare tracce. Recentemente tre dissidenti sono stati sbattuti in galera e condannati a dieci anni di reclusione. Amnesty International definisce la repressione cinese ‘raccapricciante’.

Attraverso questi mezzi lo Stato vuole mandare un messaggio chiaro ad attivisti politici e sociali e cioè che un’opposizione alla dittatura cinese non verrà tollerata. Non è un caso che la repressione sia stata intensificata proprio in questo periodo. I movimenti di massa in Nord Africa e Medio Oriente hanno scosso il regime. Inoltre il prossimo anno rappresenterà un momento di transizione politica importante nella leadership del Partito Comunista Cinese. Tutto ciò si svolge nel contesto di un rallentamento dell’economia, nonché di una forte ondata di scioperi fondati sulla richiesta di aumenti salariali e di miglioramenti delle condizioni di semischiavitù che i lavoratori devono sopportare. Nelle fabbriche come la Fox-conn (che produce componenti elettronici per Apple, Nokia, Motorola, Sony, Microsoft, Nintendo, Dell) le condizioni di lavoro sono così pesanti che i lavoratori, addetti al montaggio degli IPhone della Apple, hanno minacciato il suicidio in massa. Il capo di questa fabbrica gigan-tesca aveva dichiarato di che il suo compito è gestire ‘un milione di animali’. Allo stesso tempo migliaia di proteste sono scoppiate nelle aree rurali, proteste spesso innescate dall’esproprio illegale di terra da parte dei corrotti dirigenti locali del Partito Comunista. Fra queste lotte spicca quella sviluppatasi nel villaggio di Wukan contro la requisizione e la svendita di terreni a una joint venture tra un gruppo cinese e uno di Hong Kong. Un movimento di massa durato 4 mesi ha portato alla caduta del governo locale, espressione del PCC, e instaurato una sorta di ‘comitato di villaggio’ eletto dalla popolazione locale. Durante il recente sciopero degli operai dell’acciaio a Chengdu e le proteste rurali a Fujian e Zhejiang i manifestanti hanno esposto striscioni con lo slogan ‘Impariamo da Wukan’.

I 13mila abitanti di Wukan hanno subito repressione abusi e uno dei loro leader, Xue Jingbo, è stato assassinato. Ma alla fine la burocrazia ‘comunista’ è dovuta scendere a patti (su questo episodio vedi http://chinaworker.info/en/content/news/1736/), un esempio di come il regime oscilli fra repressione e concessioni finalizzate al mantenimento del suo potere politico. Il sollevamento di Wukan dimostra, comunque, che le lotte si stanno intensificando, organizzando e affinando, nonostante la repressione brutale che i lavoratori e la popolazione delle campagne sono costretti a subire.

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