venerdì 25 maggio 2012

Intervista a Ivano Malcotti Un’opera teatrale per parlare di precariato

di Redazione RI

Perché hai scritto ‘Professione precario’ e hai realizzato un video?

Senza dubbio l’ispirazione a scrivere il monologo è stata facilitata dalla mia condizione soggettiva di precario. Chiaramente la ricerca non si è fermata al mio ‘particulare’. Sarebbe stato francamente uno spaccato di vita lavorativa troppo limitato. Con Marino Carmelo, il video operatore che ha realizzato il documentario, abbiamo cercato di scavare nei gangli della crisi globale e della profonda ristrutturazione del mercato del lavoro che stiamo vivendo, dove la pesante condizione di precarietà gioca un ruolo sempre più importante e drammatico. Purtroppo questo periodo di ‘cattività’ non può più essere considerato come un momento di passaggio solo temporaneo, così come furbescamente cercano di farci credere. 
La condizione lavorativa stabile, come avveniva fino a qualche anno fa, è solo un pallido ricordo. La precarietà si qualifica ormai con gli aspetti più deleteri e penalizzanti del lavoro: ricattabilità, mancanza di tutele, intermittenza dei periodi lavorativi in assenza di forme dignitose di sostegno al reddito, inesistenza di un reddito minimo garantito (nel video lo si sentirà ripetere da diversi esponenti politici). La scure colpisce segmenti amplissimi di forza lavoro, da impiegati con contratti a termine, co.co.pro, interinali, part time, false partite iva, migranti sotto ricatto di perdere il permesso di soggiorno, lavoratori in nero ecc. In questi sei mesi di riprese video abbiamo toccato i luoghi dove la sofferenza del precariato diventa talvolta insopportabile, perciò non dico nulla di straordinario se affermo che il tempo di lavoro tende sempre più a coincidere con il tempo della vita e la precarietà diventa condizione esistenzale, investe i corpi e sferra colpi durissimi agli affetti personali. E’ bene dirlo subito, c’è un solo responsabile a questa macelleria sociale: il liberismo selvaggio. Una volta avremmo detto il capitalismo, ora troviamo eufemismi più delicati per non ledere la sensibilità di tanti ex compagni folgorati sulla strada del mercato a tutti i costi. Tu definisci le tue opere ‘teatro civile o sociale’. Cosa intendi?

Guarda, prendo a prestito la bella definizione che ha dato la ricercatrice Maria Galasso (la ricercatrice che ha firmato diversi progetti di carattere sociale compreso l’ultimo, ‘Lavorare’ e che ha supportato il lavoro teatrale Professione Precario), che ha definito questo tipo di teatro ‘istantaneo’. Le tematiche sono sviscerate con velocità coinvolgendo e sollecitando lo spettatore ad intervenire in prima persona, nella discussione post spettacolo, con tematiche particolarmente sentite nella società contemporanea, come il precariato, lo smantellamento dei contratti alla Fiat, le infrastrutture, l’ambiente, ma anche quelle più strutturate politicamente come la presunta fine delle ideologie, chiesa e potere, la Resistenza ecc. Fondamentale come ho detto è il protagonismo del pubblico. Per questo tipo di spettacoli prediligiamo cercare locazioni particolari dove il contatto con il pubblico è più diretto. Sedi come circoli Arci, circoli di partito, società di mutuo soccorso, comunità, associazioni culturali, case private. Pensi che anche attraverso il teatro si possa trasformare la realtà?

Credo possa essere molto utile per la discussione e assai efficace per approfondire certe tematiche, magari anche attraverso l’ironia, ma definirlo volano di trasformazione della società mi sembra eccessivo e non corrispondente alla realtà, anche perché il teatro sociale o politico, eccetto per i pochi autori celeberrimi, è seguito da un pubblico non numerosissimo seppur attento e talvolta molto impegnato in ambito sociale. In generale qual è il clima che hai registrato a margine degli spettacoli nei confronti della politica e della sinistra?

E’ noto a tutti che si respira un clima di grande sfiducia nella politica e da questa disaffezione non si smarca certamente la cosiddetta sinistra governativa. Nel nostro girovagare nella profonda periferia devo dirti che abbiamo trovato spesso molta rabbia verso questa sinistra, incapace troppe volte di intercettare i reali bisogni, ma soprattutto ritenuta respon-sabile di scelte vergognose, vedi l’appoggio imbarazzante al governo Monti, candidature squallide come Calearo, fatti disgustosi che hanno colpito diversi maggiorenti del partito democratico come Penati e via discorrendo. Insomma in questa sinistra si fatica a vedere una verginità al malcostume della politica italiana. Non abbiamo trovato naturalmente soltanto avvilenti cahiers de doléances, anzi abbiamo percepito tante volte una voglia di partecipazione che non si percepiva da anni. C’è - a mio avviso - una incoraggiante risorgenza dell’impegno sociale da parte di tantissimi giovani. Molti vogliono sapere realmente come stanno le cose, sono critici, non si fidano più della bella favola del mercato come possibilità di ricchezza incondizionata per tutti, però in generale la rabbia e la pesante irritazione non possono essere trascurate.

Nessun commento:

Posta un commento