sabato 30 giugno 2012

Emilia. Il M5Stelle alla prova dei fatti

di Stefano Radaelli

Nell'autunno 2009, per iniziativa di Beppe Grillo e del suo consulente web Gianroberto Casaleggio, nasce il MoVimento 5 Stelle. Qualche mese prima le Liste Civiche a 5 Stelle hanno conquistato seggi in ben 30 comuni, fra cui alcuni capoluoghi di provincia come Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Pesaro, Livorno. Nel capoluogo emiliano il candidato sindaco a 5 Stelle, il ventinovenne Giovanni Favia, totalizza quasi 7500 preferenze, il 3,3%. L'esperienza di Favia in consiglio comunale, tuttavia, è interrotta anzitempo dallo scandalo che travolge il neosindaco Flavio Delbono e porta a 14 mesi di commissariamento. Le elezioni regionali e amministrative del 2010 rappresentano quindi il primo banco di prova per il neonato MoVimento, che assume un respiro sempre più nazionale. Stando alla mitologia ufficiale sono i MeetUp, i gruppi locali del movimento, organizzati attraverso l'omonimo social network e in cui ‘ognuno vale uno’, a scegliere i propri candidati. La realtà è un po' diversa: spesso la scelta dei candidati è di fatto imposta dal ‘vertice’ non eletto del MoVimento, il tandem Grillo-Casaleggio, sulla base di criteri che nulla hanno di democratico. Ad ogni modo, sia in Emilia-Romagna che in Piemonte il M5S piazza due consiglieri in regione, ottenendo rispettivamente il 6% e il 3,67% dei voti. Nel comune di Bussoleno in Val di Susa, dove il M5S è attivo nella mobilitazione NoTAV, il candidato Davide Bono totalizza addirittura il 28,8% delle preferenze.


La mancanza di una vera e propria struttura organizzativa, di organismi de-mocraticamente eletti e di un programma politicamente chiaro producono però le prime difficoltà interne. In Emilia-Romagna, la candidata modenese Sandra Poppi ottiene 717 preferenze e si colloca seconda dopo il candidato alla presidenza Giovanni Favia. Ma il secondo seggio viene attribuito non a lei, ma al bolognese Andrea Defranceschi, braccio destro di Favia (371 preferenze). La decisione scatena le ire di Vittorio Ballestrazzi, consigliere comunale della Lista 5 Stelle a Modena, che viene espulso dal MoVimento (ossia diffidato personalmente da Grillo ad utilizzare il logo e il nome del M5S, di cui Grillo, come noto, è unico proprietario). La stessa sorte toccherà di lì a un anno e mezzo al ferrarese Valentino Tavolazzi, reo di aver promosso un dibattito sulla democrazia interna del MoVimento. Su quali fronti si impegnano i neoeletti del M5S? A farla da padroni, in Emilia-Romagna, sono gli attacchi ai costi della politica e all'inettitudine della giunta regionale di centrosinistra, oltre che le tematiche ambientaliste, vero ‘pezzo forte’ del programma grillino, con proposte alternative in materia di trasporto pubblico, infrastrutture e mobilità, fonti energetiche, distribuzione ‘a km 0’ e smaltimento dei rifiuti. L'idea-guida è che, attraverso l'abolizione dei privilegi e la green economy, è possibile uscire dalla crisi, rilanciare la crescita (soprattutto a livello locale) e dar vita a un capitalismo ‘virtuoso’ e a una democrazia trasparente e rispettosa delle scelte dei cittadini. La questione del lavoro sembra appassionare meno i rappresentanti del MoVimento in Regione, sebbene tra il 2010 e il 2012 la crisi economica travolga decine di piccole e medie imprese del territorio e il ricorso a cassa integrazione e ristrutturazioni sia all'ordine del giorno.

Forti delle nette prese di posizione di Beppe Grillo contro Marchionne e l'ap-plicazione della sua ‘dottrina’ nell'indotto FIAT, i consiglieri emiliani del M5S promuovono in consiglio regionale interrogazioni relative alla situazione della Maserati e della Ferrari. Il M5S fa leva principalmente su due fattori: l'opportunità di mantenere sul territorio delle aziende ‘storiche’ e la critica serrata alle politiche dell'assessore regionale Muzzarelli (al punto che la stessa campagna, letta attraverso gli interventi dei consiglieri grillini nel loro sito, sembra del tutto strumentale a questo proposito). Ma questo non si traduce in una mobilitazione a fianco dei lavoratori in lotta o in un sostegno aperto alle loro vertenze. Sulla base dei risultati elettorali il M5S sembrerebbe disporre di forze sufficienti a promuovere un'azione significativa su questo versante, mobilitando potenzialmente centinaia di persone; ma nella retorica ‘grillina’ le rappresentanze sindacali sono accomunate indistintamente alla ‘casta’ parassitaria, senza particolari distinzioni fra base e burocrazie di apparato. Per di più, in mancanza di un'analisi e di una prospettiva sociale ed economica di reale alternativa, il tema del lavoro passa quasi naturalmente in secondo piano agli occhi degli attivisti a 5 Stelle, scalzato dalle lotte sui temi ambientali, sulla traspa-renza delle istituzioni e sulla libertà digitale.

Questa contraddizione fra la necessità di rincorrere alcune lotte radicali e la mancanza di strumenti adeguati a condurre una significativa azione di sostegno a esse, si manifesta con evidenza a Parma, primo capoluogo di provincia in cui il M5S è riuscito ad eleggere un proprio sindaco. Qui il M5S ha costruito il suo sorprendente successo elettorale sull'opposizione all'inceneritore e sulla denuncia delle politiche dissennate e illecite che hanno fatto schizzare a 600 milioni il debito del Comune. Ma se le rivendicazioni del M5S su questi temi non sapranno creare una mobilitazione permanente sul territorio, che coinvolga lavoratori e gente comune in una lotta per non pagare un debito accumulato sulle loro spalle e a loro insaputa, è assai difficile che, nel lungo termine, il M5S riuscirà a capitalizzare il voto di protesta raccolto a Parma.

L'assenza di un programma con espliciti riferimenti ‘ideologici’ e di una struttura organizzativa ‘tradizionale’ hanno rappresentato finora una delle principali attrattive del M5S agli occhi di molti elettori delle nuove generazioni, come di molti delusi dei partiti di centrodestra e centrosinistra. Tuttavia ciò rischia di trasformarsi, alla lunga, in un fattore di debolezza e di ambiguità: senza un programma chiaro e una strategia adeguata, che metta attivisti e militanti nelle condizioni di intervenire politicamente e con posizioni chiare nelle lotte, nessuna organizzazione ‘di rottura’ ha speranza di sopravvivere all'ondata di riflusso e di delusione che segue all'entusiasmo iniziale per la novità. Molti elementi dell'attuale programma del M5S, così come molte dichiarazioni di Grillo sul suo blog, unico house organ ufficiale del MoVimento, presentano elementi di ambiguità e lasciano ampio margine alla confusione, così da solleticare elettori di sinistra ma anche di destra (vedi l’insistenza sulla necessità di ridare vigore alla ‘nazione’ Italia o alcune sparate sull’immigrazione). Per le forze di sinistra che si riconoscono in un programma anticapitalista il successo del M5S rappresenta quindi una sfida a rilanciare la propria azione politica in termini chiari e sulla base di programmi capaci di colmare il vuoto a sinistra che i ‘grillini’ riempiono in questa fase.

Nessun commento:

Posta un commento